Le relazioni simbiotiche nell’amicizia
“Nel concreto, questo tipo di amicizia si alimenta di hobby, progetti, svaghi comuni in cui è difficile comprendere chi ha davvero messo in comune qualcosa e chi ha scelto con decisione quell’attività: entrambi credono erroneamente che sia l’altro a volerlo e deciderlo“.
L’inclinazione ad instaurare relazioni simbiotiche può manifestarsi e concretizzarsi anche nei rapporti d’amicizia. In questi casi la relazione amicale si basa sulla costruzione di una sorta d’identità comune in cui la forte credenza di supportarsi reciprocamente copre problematiche relative alla dipendenza e alla capacità di stare da soli.
Nel concreto, questo tipo di amicizia si alimenta di hobby, progetti, svaghi comuni in cui è difficile comprendere chi ha davvero messo in comune qualcosa e chi ha scelto con decisione quell’attività: entrambi credono erroneamente che sia l’altro a volerlo e deciderlo, in una dinamica cognitiva ed affettiva fondata sulla confusione identitaria.
Non volendo ridurre la nascita di questo tipo di relazioni al semplice incastro di personalità patologiche (ad esempio, tra narcisisti e dipendenti), possiamo riflettere su cosa differenzia un’amicizia sana da una simbiotica e sulle cause evolutive.
Nella relazione simbiotica l’amico, idealizzato e perfetto, diviene l’unica persona in grado “nutrire”, di essere la parte mancante del proprio sé e che per questo deve essere sempre salvaguardato dal rischio della perdita; inoltre, entrambi tendono a percepirsi come bisognosi e non capaci di sostenersi o stare bene da soli. Invece, un’amicizia sana si alimenta dell’irriducibilità della differenza me-altro ed è in grado di affrontare le tensioni del riconoscimento reciproco attraverso la negoziazione e la mutualità.
Quando questo non avviene l’amicizia diventa una simbiosi, in cui ogni rottura e delusione attiva cortocircuiti cognitivi del tipo: “se l’altro non incarna più le mie idealizzazioni e la parte mancante di me, allora è un mio nemico che, per me, non esiste più”; detto in altri termini, l’amicizia assume i caratteri di un gioco relazionale basato sul polo dominio/sottomissione e su una logica “amico o nemico”.
Da un punto di vista evolutivo, come segnalato da Liotti e Farina (2011) nel loro testo Sviluppi traumatici, un segno delle conseguenze di dinamiche familiari disfunzionali può essere una disposizione comportamentale coatta improntata alla generosità assoluta e all’assenza di compensi materiali o morali, un comportamento che contribuisce a mantenere salda l’amicizia simbiotica. Questo stile comportamentale può svilupparsi in persone che si rifugiano in relazioni in cui sentono di avere di avere un ruolo (simbiotico o di vittima) in quanto, da bambini, nella relazione genitoriale ha prevalso una sensazione di inutilità e di “poco valore”.
In più, le figure genitoriali possono essere state controllanti, inattendibili, ipercoinvolte ed intrusive fino al punto di trasmettere l’idea che l’indipendenza e la rottura del legame simbiotico infantile sono pericolosi e da evitare. Nell’amicizia simbiotica, questi vissuti vengono ripetuti: nessuno dei due membri del rapporto amicale riesce a differenziarsi dall’altro perché l’indipendenza è categorizzata, sia da un punto di vista cognitivo che affettivo, come un tradimento che porterà alla solitudine.
In tal modo, la persona continua ad investire cognitivamente diverse credenze erronee: essere simbiotici e dipendenti è l’unico modo per continuare ad avere quel legame, crescere e diventare indipendenti equivale al perdere l’amore e il bene dell’altro.
La brusca rottura di questi equilibri può portare alla richiesta di un supporto psicologico: da un vertice cognitivo-comportamentale, è fondamentale cercare di rafforzare il riconoscimento dei propri desideri, aumentare il senso di efficacia affinché la persona sia in grado di gestire la sensazione di vuoto, la paura di perdere qualcosa e la percezione della propria impotenza.
In conclusione, si può dire che un’amicizia in cui a prevalere è il rapporto simbiotico con l’altro esclude la possibilità di creare una reale indipendenza fondata sul saper dipendere dalle altre persone e sul permettergli di dipendere da noi, in modo flessibile e autentico, senza che nessuno perda totalmente la propria identità.
Riferimenti bibliografici
Lingiardi V., Gazzillo F. (2014), La personalità e i suoi disturbi, Raffaello Cortina, Milano.
Liotti G., Farina B. (2011), Sviluppi traumatici, Raffaello Cortina, Milano.
https://www.terzocentro.it/disturbi-personalita/disturbo-dipendente-di-personalita/